Infanzia dimenticata


I bambini sono il senso del mondo. Il suo futuro. La prospettiva. La storia come possibilità del "non ancora".
Una civiltà che si rispetti dovrebbe considerare questo fatto con estrema attenzione. E riservare all'infanzia un posto particolare nelle politiche della famiglia. Perché la famiglia è il primo nucleo sociale nel quale si forma l'essere umano. Essa rispecchia le condizioni generali di salute dello stato ed è, in piccolo, un'organizzazione istituzionale proprio come lo stato.
Se la famiglia è sana lo è anche lo stato. Se la famiglia è malata inevitabilmente lo stato sarà malato e in crisi. Esattamente come accade oggi nel nostro mondo, nel quale i bambini, laddove non sono vittime di violenza fisica e psicologica evidente, vengono "dimenticati".
"Dimenticati" perché le loro esigenze umane sono messe in secondo piano rispetto agli impegni quotidiani di lavoro, lo stress, le tante cose da fare nella corsa impazzita verso il nulla della contemporaneità.
E allora si prova a scaricarli a scuola, ai campi estivi, dai nonni, con la baby sitter. Perché tutto è più importante di loro.
Dimenticati nella realtà dei fatti, perché li si lascia nel seggiolino posteriore della propria auto per andare di corsa al lavoro.
E, col caldo torrido di questi ultimi giorni, inizia la triste serie delle morti infantili per asfissia nel peggiore dei modi.
I bambini sono il futuro dell'umanità. Non vedere questo, e non comprenderlo pienamente è grave. Perché un mondo che non mette al primo posto l'essere umano come persona, con i suoi diritti e con la sua dignità, non può andare molto lontano. E, soprattutto, non si può riconoscere come civiltà nel senso pieno della parola.
E, difatti, il denaro, il potere, l'usurpazione dell'altro, il crescergli sopra, sono diventati ormai più importanti del "crescere accanto", dello "stare con", in vista di un fine nobile che è nell'altro come valore in se stesso, e non in qualcosa che lo travalica e lo supera dominandolo dal di fuori.

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