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Fatalismo Meridionale


C’è un modo di vivere tipico del Mezzogiorno italiano che, dopo aver condizionato la storia del meridione, continua ancora oggi ad influire pesantemente sulla vita delle popolazioni del Sud.
Consiste nel credere che le cose devono continuare ad andare come già vanno, perché tanto non  esiste una possibilità concreta di cambiamento.
L’azione umana, soprattutto quella della comune gente della strada, non ha potere incisivo.
Le popolazioni non possono modificare il corso degli eventi, e non avranno mai un ruolo centrale nella storia.
Questo atteggiamento remissivo di fronte al fluire del tempo, che Ernesto de Martino definiva miseria psicologica delle popolazioni del Sud, ossessionate dalla crisi della presenza e dal terrore di poter scomparire dalla scena del mondo, a causa di catastrofi naturali e non, senza avere nessuna voce in capitolo, fu presa in considerazione anche da Benedetto Croce, il quale, esaminando storicamente la condizione di arretratezza, di povertà e di degrado del Mezzogiorno italiano, sin dall’epoca del malgoverno spagnolo, sostenne che un popolo che si fa governare dallo straniero consente allo straniero di governarlo, dal momento che laddove esiste un dominatore, c’è sempre qualcuno che si lascia dominare.
La causa di questa condizione storica del Mezzogiorno italiano risiede nella mentalità fortemente fatalista delle genti del Sud, le quali sono angosciate all’idea del non-essere che incombe, da un momento all’altro sull’essere. Temendo, per se stesse, di poter in breve tempo diventare presenze mondane invisibili.
L’invisibilità della gente del Sud verrebbe ad essere determinata anche dalla sua sparizione fisica, ma quella che preoccupa le popolazioni meridionali è soprattutto un’invisibilità di natura psicologica.
Se è vero, con Marx, che chi non ha potere di cambiamento, non esiste, di fatto, nella storia, poiché la Storia è prassi e lavoro, la povera gente che non lavora, o che non ha alternativi strumenti per apportare il cambiamento necessario alla prassi, scompare, di fatto, dal centro della scena, finendo di essere presente, e smettendo di esistere come soggetto storico.
Bisogna attivarsi per fare qualcosa. Ma qualcosa di diverso rispetto ai cliché fin qui adoperati.
Nonostante siano trascorsi secoli di storia, dalle verità di Hegel e di Marx, e dall’analisi storiografica di Benedetto Croce, cui fece seguito la ricerca etnologica di de Martino, ancora oggi ci sono popolazioni del Sud, e categorie di lavoratori che credono nell’immobilismo sociale, e che fanno del fatalismo una filosofia di vita.

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