Quel vuoto dialogo fatto di nulla

E la scelta di dover morire per raccontare a tutti la verità

I nostri ragazzi hanno perso il senso delle passioni, perché gliele abbiamo fatte dimenticare, le vogliamo spegnere, scotomizzare, in quanto le riteniamo pericolose. La famiglia, la scuola, la società, il mondo intero, ci chiedono competenze, performance, efficienza, eccellenza, disumanizzando l’istruzione e la cultura.
Ma noi non siamo macchine. E non lo sono i nostri figli e nemmeno i nostri alunni.
Bisogna ritornare ad essere umani. Bisogna ricominciare dagli esseri umani. Riconoscendo che non siamo tutti uguali. Che ciascuno è diverso e unico. Che ogni persona si porta dentro un mondo, fatto di desideri e aspirazioni. E che i veri educatori sono quelli che rendono possibile questo sogno di diventare se stessi fino in fondo.
Non possiamo e non dobbiamo pretendere uomini robot, perfetti esecutori di ordini eteronomi. Ma dobbiamo fare in modo che in ciascuno splenda ed arda quella fiamma della conoscenza e del sapere che li rende unici. Perché solo se ognuno potrà brillare della sua unicità sarà uguale a se stesso, e diventerà un essere umano felice della sua condizione.
Invece, vogliamo curare il disagio, riempiamo scuole e università di psicologi, e non ci rendiamo conto di essere proprio noi a creare quel malessere giovanile, che in alcuni casi esplode incontrollato all’improvviso, dopo aver covato per anni sotto la cenere del silenzio, dell’incomunicabilità, della solitudine menzognera e conformista.
Mi chiedo di cosa mai parlino, i ragazzi con il loro genitori; con i docenti; con gli amici; con i fidanzati. Sicuramente di un nulla fatto di formalità, di vuoto, di finzione, se i suicidi giovanili sono in aumento, e spesso per motivi futili, che non meritano la scelta del gesto estremo.  
Eppure si sceglie di morire, per raccontare a tutti quella verità sul proprio sé che nessuno è disposto ad ascoltare fino in fondo, finché non si permette all'altro di essere vero, e autentico, amandolo per ciò che è, e non per come avrebbe desiderato che fosse.
Si sceglie di morire per riaffermare se stessi, persino nell'irreparabile, dove non c'è chi potrà dire cosa essere e diventare.
Rimane da chiedersi perché alcune vite debbano spegnersi per riaccendere nella memoria di chi resta il barlume della loro presenza, nascosta nell'ombra e resa invisibile da chi ne ha oscurato il diritto ad esistere, stando al mondo in libertà. Perché non debba essere possibile amare incondizionatamente, e senza pretese. Perché debba essere mercificato nello scambio anche il sentimento più nobile, principe della libertà di essere e di donare, senza necessariamente aspettarsi nulla dall'altro in cambio.

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