Perché la Famiglia? Quale Famiglia?




Pino Pellegrino si è laureato in Filosofia teoretica all'Università Cattolica di Milano con il professor Emanuele Severino, ed è sacerdote dal 28 giugno 1953. Abilitato in Psicologia e Pedagogia, è autore di volumi e opuscoli e di articoli a carattere psico-pedagogico. Già docente di Pedagogia e Psicologia, di Antropologia filosofica e di Didattica della Religione, svolge l'attività di scrittore e di conferenziere, ed è una delle voci più attese di Radio Maria. Di suo ho letto I Valori: Pilastri dell’Educazione e, più recentemente, una delle sue ultime pubblicazioni del 2014, Perché la Famiglia? Quale Famiglia?
Sin dai primi approcci, mi è piaciuto il suo stile di scrittura, narrativo e semplice, facilmente accessibile al grande pubblico dei suoi lettori, che non devono essere necessariamente degli addetti ai lavori, ma uomini e donne della strada, avventori dell’esistenza, che si fanno domande e si interrogano sull’arte del vivere, e del vivere bene. E Don Pino riesce, ogni volta, a fornire risposte rassicuranti, senza essere mai perentorio e dogmatico seminatore di verità. Nella sua ultima pubblicazione in ordine di tempo, egli si occupa del tema della famiglia, che definisce, secondo quanto è scritto nell’articolo 29 della nostra Costituzione Italiana: “Una società naturale fondata sul matrimonio”. In sostanza, non esiste famiglia senza amore, e non c’è amore senza famiglia. Ciò perché ogni essere umano ha le sue radici nella storia familiare, cui appartiene sin dalla nascita, e le cui origini si perdono nella discendenza genealogica. Perciò, ognuno deve prima di tutto sentirsi integrato nella vita familiare, per crescere come persona, uomo o donna, nel mondo del lavoro e nella vita privata e affettiva. Pellegrino riscopre, insomma, l’identità dell’individuo a partire dal primo nucleo sociale che lo forma, rispolverando l’idea aristotelica di famiglia, ma anche il senso divino del gruppo familiare di cui parlava Giuseppe Mazzini. L’eroe del Risorgimento Italiano, sostenitore dello Spiritualismo filosofico, faceva dipendere lo stato, come società più organizzata ed ampia, dalla famiglia, arrivando a sostenere che solo un buon pater familias può essere anche un corretto e onesto cittadino, animato dal senso del dovere e della responsabilità nelle sue azioni. L’importanza della famiglia, istituzione che è tutta da riscoprire, risiede nel fatto che, per queste ragioni, il bambino che si formerà crescendo in una famiglia sana, sarà un adulto equilibrato e aperto al mondo. I genitori hanno, dunque, la responsabilità di far maturare nei loro figli il germoglio dell’amore, della tenerezza, della pace, anche attraverso la pratica della preghiera, che affida a Dio la vita umana. Momenti importanti da riscoprire per la vita familiare sono, invece, quello della tavola, che riunisce la famiglia a pranzo e a cena, e il rito della buonanotte, che chiude la serata della famiglia, che si racconta reciprocamente e spontaneamente. Senza dialogo tutto questo non sarebbe possibile. Perciò è indispensabile alimentare la comunicazione che, quando è totale apertura all’altro, diventa comunione. Ma anche coltivare l’affettività, l’uso delle parole buone, attraverso un linguaggio amorevole e pacato, che sia capace di avvicinare l’altro, piuttosto che allontanarlo da sé. Ricordo, a questo proposito, alcune omelie domenicali, nelle quali il sacerdote poneva proprio l’accento sull’importanza delle parole che si usano per comunicare. Le parole sono vita, e diventano fatti. Perciò è indispensabile l’uso di un linguaggio che sia sempre pronto ad esaltare la positività dell’altro, promuovendo il buono che c’è in lui, senza denigrarlo né sottolineare gli aspetti negativi della sua personalità. Infine, è necessario davvero vivere per l’altro, smettendo di voler ad ogni costo occupare il centro della scena, e decidendo di fare del prossimo il fine della nostra esistenza. Solo orientando ogni nostro gesto a chi amiamo possiamo coltivare l’amore che c’è in noi e in lui, senza lasciarlo inaridire. Diventa fondamentale, allora, recuperare la famiglia, che si identifica naturalmente nell’unione tra un uomo e una donna a fini procreativi. Perché il recupero della famiglia, che sia essa laica o cattolica, diventa in ogni caso recupero e cura dell’essere umano. Che necessita di essere rimesso al centro della storia, sottraendo quella priorità che gli è stata rubata dal denaro, dal sesso mercificato, dall’uso di sostanze, dalla violenza, da tutto ciò che non è amore. Obiettivo da realizzare è, perciò, quella della famiglia felice, che si identifica come un nucleo fortemente coeso al suo interno, nel quale nessuno teme di essere giudicato, ma tutti hanno la libertà di essere se stessi fino in fondo, anche sbagliando. Consapevoli che troveranno sempre, nella famiglia, un rifugio e un porto sicuro, cui approdare, per ristorarsi e riprendere la corsa della vita, più sicuri e più forti che mai. Questa tipologia di famiglia fonda solide radici identitarie, e offre le ali per volare lontano, senza smarrire le certezze. Si tratta di una famiglia che è capace di aprirsi agli altri, di confrontarsi con la realtà esterna, di crescere insieme. Arricchendosi del vissuto comunitario, dal quale solo trae linfa vitale per alimentarsi, e nel quale confluiscono le sue energie migliori, per poter contribuire, a sua volta, con la sua presenza, a rinforzare il vincolo fraterno della comunione con l’altra parte dell’umanità, che le è fuori, e rappresenta il suo orizzonte, l’oltre verso cui muoversi e andare.

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