Fidati di te


Guarire dalla malattia psichica e dalla depressione senza far uso di farmaci è possibile. Lo spiega Raffaele Morelli[1] nella sua ultima pubblicazione dal titolo Puoi Fidarti di te.

Lo psicoterapeuta fa spesso riferimento al pensiero filosofico, riscoprendo, in particolar modo, l’importanza dell’essenza del desiderio di cui tratta Schopenhauer, molto sostenuta anche dallo psicoanalista lacaniano Massimo Recalcati, nei suoi libri.

Il tema di fondo che viene affrontato è la fiducia in se stessi che ciascuno dovrebbe coltivare più di ogni altra cosa, nella convinzione che dentro ogni essere umano ci siano una forza ed un’energia pronte ad esplodere, che conducono naturalmente verso la felicità.

Chi si lascia guidare dall’istinto, e scopre la magia della vita e dell’esistenza, che colgono di sorpresa, arrivando inaspettatamente, guarisce da solo, e senza bisogno del sostegno farmacologico, perché ha sviluppato, in sé, quelle potenzialità che sono sufficienti, da sole, a condurre verso la serenità e la pace interiore.

Fidarsi di se stessi, del proprio intuito, delle parole che l’inconscio dice al corpo, anche attraverso il sintomo, il dolore, la malattia, rappresenta un primo passo verso l’ascolto di quella voce della coscienza che ci parla, rimanendo spesso inascoltata, e che viene messa a tacere dall’abuso di farmaci e psicotici, che narcotizzano il linguaggio del corpo e della psiche, solo perché si ha paura di mettersi in ascolto.

Il corpo ci parla, perché è il luogo della sintomatologia e della somatizzazione dei disagi psichici. Ma curare il sintomo del disagio psicologico con i farmaci spesso sviluppa un’incapacità di ascolto che condurrà lontano dalla risoluzione dei problemi.

Soprattutto, l’uso e l’abuso di sostanze farmacologiche, rischia di allontanare l’uomo dalla sua propria natura.

Soltanto chi somiglia a se stesso può guarire, perché accettandosi, nel suo modo naturale di essere perfetto, si accompagna verso la felicità.

L’ansia, la paura, l’insonnia, la tristezza, vanno accettate e accolte per quello che sono, facendo loro spazio. Non giudicandole. Semplicemente divenendone consapevoli.

Lo psicoterapeuta deve ascoltare, a sua volta senza giudicare, praticando la comprensione e l’accoglienza silenziosa dei vissuti dell’altro.

La riflessione sui propri stati d’animo induce naturalmente alla consapevolezza emotiva di ciò che si prova, e lasciando parlare il corpo e la mente sovente si trova la soluzione ai problemi partendo proprio da sé e dalla malattia.

Un elemento fondamentale della terapia rimane il desiderio, che va compreso e accettato per quello che è. La riscoperta del desiderio, che generalmente si nasconde sotto il malessere, perché non accettato né riconosciuto è, perciò, essa stessa una forma di guarigione che riconduce l’essere umano verso il suo se stesso più proprio e autentico.

Riconoscere il desiderio, e tornare a desiderare, è anche ricominciare ad amare noi stessi per quello che siamo, e la vita. attraverso le passioni, gli hobbies, le attività artistiche, la creatività, che possiamo coltivare.

Chi non ha passioni si spegne lentamente, e muore.

E allora basta fidarsi dei propri amori, delle passioni, del desiderio, per curare il male di vivere, senza narcotizzarsi, ma cercando la bellezza in ogni più piccola cosa, anche in quella più apparentemente misera e insignificante.

Danzare, dipingere, scrivere, viaggiare, leggere, creare, progettare, sognare, sono tutte attività che esercitano quel potere magico del benessere e della salute interiore che risiedono in noi. Fidiamoci di ciò che siamo. Impariamo ad amarci, riconoscendo la nostra naturale imperfetta perfezione. E guariremo. Perché avremo appreso il segreto per essere felici, e per essere più a lungo.

Chi è infelice, perché non si sente appagato, deve rispondere doverosamente a questo bisogno esistenziale di felicità, chiedendosi cosa vuole da sé, e come pensa di attivarsi per ottenerlo e per arrivarci pienamente. Spesso anche lottando per invertire la rotta dell'educazione ricevuta, che ha voluto piuttosto smorzare il desiderio, reprimendolo insieme al naturale istinto alla felicità. 

Bisogna apprendere e praticare, insieme al diritto alla felicità, anche il "dovere di essere felici". Nella convinzione che sotto la malattia si nasconde spesso un desiderio d’amore inascoltato e disatteso, al quale il paziente stesso, in prima persona, deve imparare ad offrire attenzione, perché quel bisogno possa poi essere visto e riconosciuto anche da chiunque altro.



[1] Raffaele Morelli, presidente dell’Istituto Riza, è anche direttore della rivista Riza Psicosomatica, e ha già pubblicato per Mondadori altri lavori: Ciascuno è Perfetto (2004), Come Essere felici (2005), Non Siamo Nati per Soffrire (2005), Come Amare ed Essere Amati (2006), Le Piccole Cose che Cambiano la Vita (2006), Come Trovare l’Armonia in Se Stessi (2007), Ama e non Pensare (207), Il Sesso è Amore (2008), La Felicità è dentro di Te (2009).

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