Femminicidio
Bisogna
tornare a ripensare i rapporti uomo-donna alla luce di un’educazione all’affettività,
che è formazione della mente e del cuore.
In famiglia
e a scuola è necessario riconsiderare la persona umana, nella sua totalità
olistica, nel suo imprescindibile valore, nel suo per sé, indipendentemente da
tutto il resto: orpelli insignificanti e inutili se utilizzati come meri appendici
di un simulacro vuoto, privo di sentimenti e infinitamente povero di amore.
Al 23 novembre 2017 sono già 114 i femminicidi che si contano dall’inizio dell’anno.
Nel 2016 i dati istat suggeriscono il numero totale di
120 unità.
Dunque, un semplice calcolo delle probabilità indica
che il fenomeno è in espansione, e continua ad aumentare di anno in anno, con
una media di un omicidio ogni due giorni circa.
Diciamo che a giorni alterni, uno sì e l’altro no, una
donna viene uccisa, e sottratta per sempre alla famiglia e ai suoi stessi
figli.
Una vera e propria carneficina, che si ripete
sistematicamente dopo un’exalation di violenze, fisiche e psicologiche, che
vengono perpetuate sulla donna, lentamente isolata dal contesto familiare di
appartenenza e da quello sociale delle amicizie, del lavoro, e di qualunque
altra relazione che ella potrebbe intrattenere nei condominio e nel quartiere.
Ciò accade perché l’uomo inizia a controllare freneticamente
ogni suo movimento, a leggere i messaggi presenti sulla rubrica del suo
cellulare, ad impedirle perfino di telefonare a parenti e amici.
Ma anche e soprattutto per la vergogna della donna a raccontare il suo proprio dolore, ad esternarlo, e a mostrarlo nelle ferite visibili ed evidenti del suo corpo che parla.
Ma anche e soprattutto per la vergogna della donna a raccontare il suo proprio dolore, ad esternarlo, e a mostrarlo nelle ferite visibili ed evidenti del suo corpo che parla.
Esiste, poi, una tendenza a voler testardamente
difendere la relazione, il rapporto di coppia, soprattutto se l’aguzzino le è
marito, ed è padre dei suoi figli. Quasi per un bisogno ossessivo di difendere
il legame, ciò che è stato costruito, l’immagine esterna della bella famiglia,
come luogo ideale di pace e accoglienza, piuttosto che incubo di guerra e
violenza tra i coniugi. Compito, questo, che si fa sicuramente più difficile e
complicato quando esistono dei figli che assistono ai litigi della coppia, ed
un intero vicinato che ascolta e sente in trepidazione.
Cionostante, le donne spesso non denunciano. E si
tengono dentro frustrazione e sofferenza, nascondendo alla vista degli altri
lividi e ferite inferte dall’orco di casa.
Certo si tratta di uomini disturbati: depressi cronici; maniaci; affetti da gelosia patologica; frustrati con complessi di inferiorità.
Ma spesso questi disturbi non vengono riconosciuti e
curati, anche per la mancanza di disponibilità, nel maschio, a comprendere di aver
bisogno di aiuto e di sostegno psichico e farmacologico.
Non va meglio quando ci si rivolge alle forze
dell’ordine, dal momento che le vittime di molti degli omicidi poi accaduti
avevano regolarmente denunciato, senza ricevere in cambio la dovuta protezione,
affinché l’evento tragico non avesse modo di accadere.
Alla brutale violenza del femminicidio, che si
conclude con la morte della donna, vittima della violenza efferata del maschio,
si aggiunge lo stalking, inteso come comportamento persecutorio: “una condotta
reiterativa caratterizzata da molestie e/o minacce dirette a una persona che producono
effetti coartanti sulla libertà psichica della vittima e un'indesiderata
intrusione nella sua sfera individuale”.
I dati istat
suggeriscono che sono state ben 147 mila le donne vittime di stalking nel 2014.
E i dati sono in tendenziale aumento, nel corso degli anni successivi.
Se si
considera che lo stalking spesso si accompagna alla violenza fisica, le donne
vittime di abuso sono circa 6 milioni tra l’anno 2015 e il 2016.
Ciò vuol
dire che le rappresentanti del sesso “debole” vengono spesso abusate sia dentro
le mura domestiche che fuori casa, da mariti, compagni, ex, padri, fratelli,
amici, e conoscenti a vario titolo.
Il 25
novembre è stata istituita la Giornata internazionale per l’eliminazione della
violenza sulle donne.
La scelta di
questa data è stata effettuata il 17 Dicembre 1999, dall’Assemblea generale
delle Nazioni Unite, per commemorare l’evento delittuoso del 1960, accaduto a
danno delle tre sorelle Mirabal, ree di aver contestato ferocemente la politica
dittatoriale di Rafael Leonidas Trujillo, che aveva tenuto sotto scacco per
trent’anni la Repubblica Dominicana.
Le tre donne
vennero rapite mentre andavano a fare visita in carcere ai loro mariti. Furono
poi violentate e brutalmente uccise.
Le
commemorazioni sono importanti, perché ci permettono di osservare un fenomeno
sociale in sensibile aumento. E ci rendono pienamente consapevoli delle sue
dinamiche, dei rischi, e delle possibili azioni richieste per arginare
l’espansione della violenza e del suo esito fatale.
Ma, come
tutta la retorica contemporanea, non sono sufficienti, da sole, ad estirpare la
mala pianta.
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