Leggere fa bene al cervello

La lettura aiuta a viaggiare in senso figurato ed ha il potere di trasportare idealmente nel mondo del protagonista, accompagnando per mano il lettore, che, se è preso e avvinto dalla storia, si immedesima nelle vicende della narrazione, fino a sentire, in maniera empatica, allo stesso modo del personaggio principale.

Aristotele, nell'antichità, parlava del potere catartico del teatro, e della tragedia, che, commuovendo fino alle lacrime lo spettatore, immedesimatosi nella trama degli eventi, riusciva ad esternare le sue stesse emozioni, rivivendole, fuori dal palcoscenico, come se fossero esattamente le stesse del protagonista.

Nella lettura di un buon libro accade pressappoco la stessa cosa. Con l'aggiunta che, ogni emozione, ogni sentimento suscitato dal libro nel lettore, ha la potenzialità di aprirgli un mondo, di fargli vivere le stesse avventure dei personaggi di carta, di farlo penetrare nel mondo fantastico della finzione narrativa, dandogli un senso di ritrovata libertà.

La psicologia ci insegna che tutti gli apprendimenti si configurano in termini di legami sinaptici, di nuove connessioni neuronali, di stimoli ed impulsi elettrici che viaggiano all'interno del sistema nervoso centrale.

Le emozioni e i sentimenti che nascono dalla lettura, e dal vissuto empatico con il plot narrativo, implementano le reti neuronali, nutrendo il cervello di nuovi apprendimenti, di conoscenze, di strategie, di ragionamento, che lo mantengono attivo e vivo.

L'intelligenza è una dote innata che, però, va curata ed alimentata. Senza esercizio continuo, lavoro, fatica, pensiero, i neuroni sono portati a deperire e a morire.

E poiché l'invecchiamento dei neuroni è la principale causa responsabile di tutte le malattie neurologiche e degenerative, per prenderci cura di noi stessi dobbiamo nutrire le nostre facoltà mentali, leggendo molto, e ragionando su quello che leggiamo.

Bisognerebbe ripensare il libro stesso, in quanto tale, come strumento indispensabile di stimolo e di crescita culturale e spirituale, che dovrebbe accompagnarci sempre, lungo tutto l'arco della vita, dalla più tenera infanzia fino alla più matura vecchiaia. 

E parlo del libro cartaceo, non dell'ipad, che è un freddo e distante supporto di lavoro.

Il valore del libro tradizionale non ha uguali, perché è un oggetto manipolabile, che si può toccare e sfogliare a piacimento, andando avanti e indietro come meglio aggrada.

Il libro cartaceo può essere sottolineato o evidenziato. Addirittura, molti hanno la buona abitudine di scrivere appunti tra le righe, o sulle sue pagine bianche.

Il libro cartaceo è così uno strumento oggettuale, manipolabile, che si può utilizzare alla maniera più consona al lettore stesso, e che quindi ha, dalla sua, la potenzialità di prestarsi ad un lavoro formativo individualizzato.

Il suo valore educativo e pedagogico è inestimabile, ed insuperabile, ed andrebbe riscoperto nella scuola delle tic, dei computer e della multimedialità. 

Riportato nelle aule, come libro di lettura o manuale in adozione, letto insieme in classe, sottolineato e scritto, è senz'altro uno strumento formidabile di apprendimento continuo ed interattivo, che facilita il dialogo con il suo autore.

Anche le pause dai ritmi frenetici del lavoro, e la vacanza, si prestano ad essere occupati da una buona lettura.

Portiamo con noi un libro, quest'estate, e riempiamo i momenti vuoti con la riflessione della lettura, in spiaggia, ma anche in collina, o in montagna. E la nostra salute mentale ne trarrà giovamento.

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