Bergoglio e Fusaro tra materialismo storico e messianismo in Marx
Nel panorama filosofico
contemporaneo c’è il pensatore italiano Diego Fusaro che, al Teatro del Fuoco
di Foggia, giorni fa si sforzava di far comprendere come la morte di Dio sia
legata all’avanzare del capitalismo, che ha sostituito il dio denaro al Dio
persona di cui ci parlano le sacre scritture. Lo stesso Nietzsche, sostiene il
filosofo torinese, annuncia la morte di Dio al mercato, quasi a voler rendere
stridente l’accostamento tra lo spirito e i valori, ormai finiti nell’epoca del
nichilismo e del vuoto nulla, e la materia, ben rappresentata dal
chiacchiericcio della gente cittadina, che compra e vende, e trova ridicola
persino la morte del funambolo, che cade per lasciar passare il pagliaccio.
In tempo natalizio ho, invece,
sentito gli strali televisivi di Papa Bergoglio contro il materialismo storico
di Marx, inneggiando a recuperare i valori della persona umana, che deve essere
rimessa al centro della storia, scena oggi occupata dal capitale.
Devo dire che questo Papa mi piace
moltissimo per la sua semplicità e immediatezza, attraverso le quali riesce
effettivamente a parlare ai cuori della gente. La grandezza di Francesco non è
solo nel suo nome, scelto per evocare l’umiltà e l’obbedienza del menestrello
di Dio. Ma è proprio nel fare di quel nome un messaggio d’amore rivolto a
tutti, credenti e non. Quel Papa, venuto dalla fine del mondo, rappresenta la
fine del mondo, vissuto alla maniera eurocentrica degli occidentali, paghi solo
della loro cultura, della storia e delle tradizioni, nei secoli assurte a dogmi
delle civiltà e della civilizzazione di popoli diversi da loro. Ecco, la
maestosità della figura di Papa Francesco è proprio qui. Nella sua capacità di
decentrare l’occidente e la sua cultura capitalistica. Colpevolizzando il
consumismo, causa del relativismo scettico e nichilistico in cui ha finito per
precipitare poi l’occidente ingordo ed opulento. Eppure, le sue critiche al
materialismo storico si appuntano tutte contro il pensiero del filosofo renano.
Devo a Fusaro, e alla lettura dei
suoi testi, la comprensione della filosofia di Marx che, studiata sul libro
terzo del Capitale e sugli appunti di Economia Politica per un esame
universitario, mi era ancora oscura nel suo più intimo significato, fino a
qualche anno fa.
Fusaro parla di un messianismo
marxiano che inizialmente non riuscivo a scorgere nel progetto utopistico di
una società comunista. Eppure, col tempo, ho capito cosa voglia esprimere la
critica di Marx, quando il filosofo tedesco scrive del sistema di fabbrica, e
dell’alienazione dell’uomo moderno, che diventa operaio, svendendo la sua forza
lavoro come merce al capitalista, che se ne appropria, generando plusvalore.
Quando Marx parla di materialismo
storico, lo fa per svelare al lavoratore i meccanismi perversi dell’ideologia
capitalistica. Egli mira a far comprendere come sia necessario capovolgere la
dialettica hegeliana dell’idea, che dallo spirito deduce la realtà. La storia è
generata dai rapporti economici, ed è intrisa di essi, in quanto strutture
portanti della società civile. La storia è, perciò, prassi e lavoro. Il compito
della filosofia è la critica dell’esistente per produrre e generare il
cambiamento. Quando si sia compreso come i rapporti economici e produttivi
siano fondamentali per determinare quei giochi di potere che permettono ad una
classe sociale di dominare sull’altra, è semplice capire come da questi stessi
rapporti produttivi siano derivate le ideologie, strumentalizzate dalle classi
di potere, per rendere pressoché impossibile il capovolgimento della situazione
di stabilità dell’esistente, così tanto agognata da chi gestisce il potere,
perché è proprio chi comanda che teme il cambiamento, e gli si oppone con
forza.
La dialettica tra le classi
sociali, e la dittatura del proletariato, costituiscono quei passaggi
imprescindibili che portano, per Marx, attraverso una società meritocratica, in
cui ciascuno ha secondo il merito, ad una società comunista, in cui ogni
cittadino riceve in base al suo bisogno.
Lo stato comunista è come una
grande madre, che accoglie tutti i suoi figli, dai più poveri ai più ricchi,
trattandoli allo stesso modo. La giustizia che questa forma di stato permette
di realizzare è quella dei valori assoluti ed universali di Socrate, che va
oltre la norma scritta rappresentata dalla legge. E uno stato giusto non può
tollerare che anche uno solo dei suoi cittadini viva nella miseria e
nell'indigenza. E lotta perché ad ogni uomo venga riconosciuto il diritto alla
dignità personale.
In questo senso, lo stato che
immagina Marx, nella Critica al Programma di Gotha, del 1875, è molto vicino
alle utopie di Gandhi, a quella di Cristo, e di santi come il Poverello
d'Assisi, che abbandona tutte le sue ricchezze per dividerle fraternamente con
chi ne ha più bisogno.
L'utopia marxiana diventa perciò
una forma di messianismo, che rifiuta il materialismo capitalistico e
consumistico, in nome di valori antichi da riscoprire nell'essere umano, per la
salvaguardia della sua stessa dignità.
Come si può confondere questa
utopia messianica con il materialismo?
Eppure Papa Bergoglio, parlando di
Marx, opera questa attribuzione. Mentre è Marx stesso, in vita, a difendersi
dai suoi falsi interpreti, chiamandoli spregiativamente marxisti. Lo stesso
Marx, poi, rifiuta decisamente di essere considerato un economista, e ribadisce
di sentirsi filosofo, e, in quanto tale, di avere come scopo quello di lottare
per la difesa dell'essere umano, contro ogni forma di alienazione della forza
lavoro, strumentalizzata a merce, per ricavarne plusvalore.
Bisogna riportare l'uomo al centro della storia, scena oggi occupata dal profitto e dal denaro. Solo quando l'essere umano sarà riscoperto nel suo intrinseco valore, riappropriandosi di ciò che gli appartiene, compreso il suo lavoro, in sé sacro, la filosofia, che è prassi e storia, potrà portare a termine il suo compito messianico di salvezza dell'umanità.
Cosa c'è di materialistico in questo messaggio?
Non è stato Marx, sebbene abbia
inneggiato alla rivoluzione, ad armare i violenti, gli estremisti, i terroristi
rossi; come non fu Nietzsche ad istigare l'odio antisemita di Hitler,
nonostante alcune sue pagine inequivocabilmente compromettenti sugli Ebrei.
Spesso, nella storia del pensiero,
hanno nuociuto ai filosofi quegli interpreti che, travisandoli, li hanno
strumentalizzati per fini personali. E quando Papa Francesco, che ha scelto un
nome umile che lo rende grande di fronte all'umanità intera, definisce
materialismo la filosofia marxiana, finisce per operare un'ulteriore falsa
interpretazione del filosofo tedesco che non può che nuocere alla Chiesa e al
mondo Cattolico dei suoi credenti.
Commenti
Posta un commento