Perché nelle aule universitarie di filosofia non si fa (quasi) più filosofia



Ho letto tutto d'un fiato l'agile libretto di una quarantina di pagine che Luca Grecchi ha voluto dedicare all'insegnamento della filosofia nelle aule universitarie. La quarta di copertina così recita: "Le riflessioni sintetizzate nelle tesi di questa pubblicazione non hanno alcun intento polemico. Non sono rivolte contro i docenti delle facoltà di filosofia, ma sono loro offerte, così che possano sollecitare la riflessione critica sul modo migliore di insegnare e di studiare la filosofia, che è quanto dovrebbe stare maggiormente a cuore a chi ha scelto di dedicare la propria vita a questa attività". Il pamphlet è stato edito nel 2013 per la casa editrice Petite Plaisance di Pistoia. La Petite Plaisance è un'associazione culturale senza fini di lucro, che pubblica periodicamente anche la rivista filosofica Koiné, diretta dallo stesso Grecchi. Luca Grecchi è poi autore di studi sull'antica filosofia greca e di una personale elaborazione teoretica, conosciuta con il nome di "metafisica umanistica".
Sulla prima di copertina del libro di cui sto scrivendo campeggia la parabola dei ciechi di Peter Bruegel, del 1568, così descritta sul retro: "Un gruppo di sei ciechi avanza in fila indiana, ciascuno appoggiandosi sulla spalla dell'altro. Quattro avanzano poggiando una mano o il bastone sul compagno che lo precede, ma il primo già è caduto nel fossato e il secondo lo sta per seguire, trascinando tutti gli altri...la cecità spirituale riserva all'uomo un destino infelice".
Il manualetto si inserisce tra le pubblicazioni della collana il Giogo, diretta dallo stesso Luca Grecchi per la Casa Editrice Petite Plaisance.
La tesi sostenuta dall'autore è che oggi non si faccia più filosofia autentica negli ambienti accademici ed universitari, che dovrebbero formare i futuri docenti di una tra le discipline umanistiche più importanti nel panorama culturale di ogni tempo. Il motivo di questo oblìo filosofico è rintracciato dal Grecchi nel compromesso ormai diffuso, e abitudinariamente praticato anche negli ambienti accademici, tra gli intellettuali e il sistema capitalistico che domina incontrastato, sebbene attraverso le sue crisi periodiche, anche nell'odierna società. Accade, in sostanza, che gli stessi docenti e ricercatori siano così piegati al sistema da risultare persino incapaci di riconoscerne le contraddizioni per criticarle, mettendo in gioco, per farlo, quelle medesime categorie filosofiche che, per filosofi della portata di Marx, avrebbero dovuto essere utili a scardinare le ideologie, per criticarle e rigettarle. Invece succede, purtroppo, che proprio chi dovrebbe essere deputato ad immaginare un altro possibile mondo, non sa vedere al di là della prospettiva del profitto e del consumo, finendo per concludere, in ogni caso, che il sistema capitalistico coincida con quello che Leibniz aveva definito "il migliore dei mondi possibili", alimentando un ottimismo di facciata e assai poco realistico, perché non più rispondente ai problemi della gente e del quotidiano. Nelle aule universitarie, popolate da giovani assetati di sapere e di conoscenza, ma dal cui pulpito risuona la lezione di questi grandi professori, sostenitori del sistema, si assiste, perciò, al più grave tradimento del compito principale della scienza filosofica, che è quello di ripensare l'equilibrio economico attuale, fondato sullo sfruttamento e sul consumo di massa, per riuscire ad intravedere, in un futuro possibile e, si spera, assai prossimo, alternative valide e realizzabili. Si finisce così, paradossalmente, per fare filosofia autentica proprio al di fuori degli ambienti accademici, mentre l'università continua a formare nei giovani una mentalità antiquata e perfettamente aderente al potere istituzionalizzato, rendendoli incapaci di esercitare una competenza critica in senso lato. Un'analisi dura e spietata, si potrebbe dire, ma assolutamente realistica e vera del mondo accademico e delle sue rappresentazioni semantiche, quella messa in scena da Luca Grecchi, al quale va attribuito il merito di aver detto le cose proprio come stanno, senza riserve mentali o di penna. Non resta che sperare che il suo grido di allarme venga finalmente recepito dai responsabili di questa distorsione che, prendendone atto, riescano poi finalmente a ritornare sui loro stessi passi per richiamare alla memoria filosofica personaggi del calibro di Socrate, Platone, Aristotele, e dello stesso Hegel, sostenitori dell'idea di una filosofia "forte" e critica, perché assiologicamente fondata, e perciò anche metafisica e sistematica. D'altra parte, senza la dialettica hegeliana la filosofia di Marx non avrebbe mai visto la luce, e Marx è oggi un filosofo più vivo che mai. Sebbene in certi ambienti se ne parli molto male, e quelli che lo praticano, attraverso lo studio e la ricerca, vengono guardati con timore e con sospetto.

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