Manifesto del Nuovo realismo



L’idea filosofica che Maurizio Ferraris enuncia e propone nel suo testo del 2012, il Manifesto del Nuovo Realismo , è che vi sia un andamento, nella storia del pensiero filosofico , che si possa sinteticamente esprimere come pensiero contemplativo, nella filosofia antica; come costruzione delle certezze, nella filosofia moderna; come decostruzione del sapere, nel pensiero contemporaneo e postcontemporaneo. E che vi sia, nell’attualità, il bisogno di una ricostruzione, meno ingenua e più critica del passato, che assurga ad un nuovo Illuminismo del pensiero, auspicabile per la nostra epoca.

Ciò che rende, a mio modo di vedere, questo scritto un grande libro, è però la tesi di fondo che è sottesa a tutta la logica argomentativa, che esplicita le ragioni per un nuovo realismo del pensiero, rivoluzionario rispetto al non ci sono fatti, ma solo interpretazioni, di nietzscheana memoria. Espressione che, a parere del Ferraris, ha fatto da sfondo a tutta un’epoca culturale, come quella del postmoderno, e della post-verità, dando adito a quel tutto è possibile, che diventa terreno fertile dei grandi inquisitori  della storia umana. 

Nel difendere questa rinnovata fiducia umana nella ragione, Ferraris sostiene proprio l’inemendabilità dei fatti, che esistono, eccome, nella loro oggettività, e che costituiscono il presupposto ineludibile della realtà e della verità.

È necessario, pertanto, ritornare all’Ontologia, o quanto meno al qualcosa c’è…di inemendabile. E questo inemendabile costituisce, appunto, l’attrito del reale, l’oggetto del non io che mi si oppone. 

L’Ontologia, dunque, segna anche il confine dell’interdizione, dove non tutto è permesso, perché non tutto è possibile. E questa presa di coscienza esplicita il limite invalicabile, l’argine che non può essere superato. Come a dire che il re è nudo, e non c’è niente che si possa dire o fare per provare che sia vero il contrario.

L’Ontologia, come affermazione dell’inemendabilità del reale, non può essere confusa e sovrapposta alla Gnoseologia, come possibilità di conoscere il ciò che c’è o che è, nella realtà. E meno che mai può essere dichiaratamente ritenuta un articolo di fede teologica, perché la Teologia si occupa di Dio e di ciò che Lui è. Laddove l’Ontologia non necessariamente riconosce l’Essere in Dio o nella divinità in generale. Perché per l’Ontologia anche un oggetto è ciò che c’è ed è, al tempo stesso, un qualcosa. 

La differenza tra l’ambito ontologico e quello gnoseologico viene ad essere evidenziata, dal Ferraris, soprattutto quando fa riferimento alla malattia, come ciò che c’è - si prenda in considerazione ad esempio il covid 19 - e quello che la medicina scientifica ne sa. Se ricordiamo le prime fasi del virus, e della pandemia da covid19, l’intera comunità scientifica internazionale si trovava proprio nell’impasse derivato dallo iato profondo tra la realtà del virus e della sua diffusione rapida e letale, nella popolazione, e le conoscenze degli infettivologi per poterlo sconfiggere e renderlo, così, innocuo alla vita umana. 

La malattia esiste, ontologicamente, anche se io non la conosco, epistemologicamente. Ma i medici accertano l’esistenza della malattia non per accettarla, ma per conoscerla, gnoseologicamente, curarla, e sconfiggerla del tutto, laddove è possibile. Il Realismo è, perciò, critico e pragmatico, allo stesso tempo, in quanto guarda criticamente al reale, cercando di intervenire per agire il cambiamento dove è necessario. 

Questa consapevolezza, di un realismo critico e pragmatico, ad un tempo, mi ha personalmente aiutato, in pandemia, ad affrontare con più equilibrio e maggiore lucidità mentale il covid19. Ero certa che la nostra ignoranza della malattia, o il solo fatto di volerla negare, o dimenticare, non fosse sufficiente a farla scomparire. E mi convincevo che il covid non smetteva di esistere soltanto perché io non volevo vederlo, o perché ci fosse qualcuno, come i negazionisti, che non ne accettassero la realtà vera. 

Ci sono fatti che sono indipendenti dalla volontà dei singoli con i quali, sebbene non desiderandolo, ci troviamo, obtorto collo, a dover fare i conti. Con l’espressione realtà intendiamo gli oggetti reali (naturali o artefatti), e i fatti della storia, o gli eventi naturali. Accanto agli oggetti reali – i fatti – vi sono anche gli oggetti ideali, cioè tutte le costruzioni culturali del sapere umano (compresa l’IA), che costituiscono oggetti sociali e di relazione tra gli esseri umani. Ferraris sostiene che questi oggetti ideali fondano la documanità, essendo caratterizzati da quella enorme mole di documenti che l’intelligenza artificiale è ormai in grado di custodire nei suoi data base. E quindi anche questi oggetti ideali, o sociali, sono reali, e costituiscono dei fatti, in quanto tali inemendabili, della nostra realtà sociale e dell’esperienza di vita. 

Va, però, mantenuta la distinzione tra gli oggetti reali, come il mondo della natura, che sono indipendenti dall’umano; e gli oggetti culturali o ideali, che costituiscono sempre delle costruzioni umane, prodotti del sapere e della conoscenza scientifica, ma anche dell’arte e della religione, che in quanto tali sono profondamente dipendenti dall’uomo.

Sebbene anche queste forme di sapere, in quanto prodotti storici, perciò documentabili, non siano nient’affatto meno certi di quelli reali. Ma costituiscono, essi stessi, dei fatti. 

L’Ontologia del Nuovo Realismo riconosce, pertanto, un’inemendabilità al mondo della natura, ed una documentalità a quello della cultura, ammettendo l’esistenza dei fatti contro le interpretazioni della post verità e del pensiero debole. 

Il postmoderno ha ricevuto il suo totale avallo dal prospettivismo e dal nichilismo di Nietzsche, come già dall’Empiriocritismo kantiano e dall’Idealismo hegeliano, che gli avevano aperto la strada. Si fanno avanti, così, la fine della storia e della metafisica, l’etica del desiderio e l’idea della verità come interpretazione. Caratteri del pensiero che hanno segnato il relativismo di tutta la storia del Novecento.

Riandare ai fatti, per riaffermare il valore dell’oggettività e la rinnovata fede nella ragione critica e pragmatica, per un Nuovo Illuminismo, è il compito del Nuovo Realismo e dell’Ontologia, che si conferma il primus movens della ricerca filosofica, come analisi dei fondamenti in senso forte, e primo, alla stessa maniera in cui Aristotele la riteneva possibile nella sua Metafisica.

Ed io concordo pienamente con Maurizio Ferraris. Perché ritengo che oggi non sia possibile fare filosofia se non riandando ai fatti, all’oggettività, al senso forte della ricerca che, come lo stesso Kant ricordava nell’incipit della sua domanda iniziale è, primo di tutto, una ricerca di tipo metafisico, cioè una ricerca dei fondamenti e delle cause prime di tutto il reale. E quella domanda che si rifà implicitamente al che cosa è questo? È un’interrogazione sull’essere, ed è dunque un’ontologia del reale. Che non sempre coincide con la gnoseologia, o epistemologia, intesa come ciò che sappiamo e conosciamo attorno a ciò che c’è. Ogni epistemologia è una costruzione paradigmatica della realtà ontologica dei fatti, nudi e crudi, presi così come appaiono, o si manifestano, in natura e nella realtà. Ma non si può pretendere che un modello conoscitivo, o scientifico, della realtà, corrisponda ad una rappresentazione oggettiva, ed in quanto tale, ontologica, della realtà stessa. Sebbene, almeno per quanto riguarda il mondo scientifico, la comunità internazionale esprima un assenso a considerare alcune verità leggi e teorie scientifiche accreditate a livello planetario, almeno nel momento storico in cui viene loro accordato l’assenso globale degli scienziati.


Bibliografia:

  1. M. Ferraris, Manifesto del Nuovo realismo, Editori Laterza, prima edizione Roma-Bari 2012.
  2.   M. Ferraris, Il Pensiero in Movimento ed Il Gusto del Pensare, volumi 1,2,3, prima edizione, Paravia Editore, Milano-Torino 2019.
  3.   F. Dostoevskij, La Leggenda del Grande Inquisitore.



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