Il Sintomo e la Malattia
Si intitola Il Sintomo e la
Malattia, una riflessione sull’Ambiente di Bin Laden e su quello di Bush, il
testo di Massimo Bontempelli e di Carmine Fiorillo, pubblicato a Pistoia nel
2001 per i Quaderni di Koiné, C.R.T. edizioni. Sebbene il testo possa apparire
ormai storicamente desueto e sorpassato, le considerazioni che i due autori
fanno sull’Occidente, messo sotto attacco dal terrorismo islamico di stampo
jihadista, sono quanto mai attuali e significative.
E lo sono oggi più che mai, dopo
il recente attentato, denominato dagli organi di stampa Strage di Parigi.
Attacco che ha visto un gruppo di fanatici terroristi assaltare la sede del
giornale francese satirico Charlie, per fare dodici vittime tra cui il
direttore, i giornalisti, gli ospiti e i vignettisti della redazione, al grido
di “Allah è grande”.
Ma cosa dovrebbe avere a che fare
un libro scritto nel 2001 con questa strage del 7 gennaio 2015? In apparenza
nulla. In effetti tutto. Perché Bontempelli e Fiorillo avevano intuito le
ragioni più profonde del terrorismo stragista di matrice jihadista già subito
dopo l’attentato alle Torri Gemelle dell’ormai a tutti noto 11 Settembre.
Sia nel 2001 che oggi, nel 2015,
noi occidentali ci troviamo tutti nel mirino di organizzazioni criminali
islamiche di stampo terroristico. Si tratta, nel caso degli Stati Uniti, come
in quello di Parigi, di attacchi apparentemente condotti contro la cultura e la
libertà democratica dell’Occidente. Si tratta, in apparenza, di guerre di
religione, condotte da fanatici che non conoscono altro mezzo per confrontarsi
che quello della Guerra Santa, spesso suicida, oltre che omicida.
Purtoppo, ancora una volta bisogna
invece riconoscere il valore predittivo dell’interpretazione materialistica
della storia di Marx. Per il filosofo tedesco, infatti, non esistono guerre
religiose, né ideologiche. Esistono soltanto guerre mosse da motivi di natura
economica. E così accade anche per questi attacchi terroristici, che possiamo
continuare ad enfatizzare come aggressioni alla democrazia, all’occidente, al
cattolicesimo, o ad altre forme di religione che non siano quella islamica di
Allah. Ma che, in effetti, hanno una precisa valenza economica.
Perché, alla base di ogni attacco,
vi è la decisa contestazione di un sistema, che è quello capitalistico. Sistema
economico ma anche politico, che si fonda prioritariamente sulla produzione di
armi da guerra, che dovrebbero servire ad autodeterminare la libertà dei popoli
dell’occidente, ma che inevitabilmente l’occidente finisce per vendere anche
all’oriente, armando fino ai denti i nemici della democrazia, e della libertà.
Cioè quegli stessi nemici che pretende di combattere in nome della Democrazia.
Ma si può davvero parlare di
libertà e di democrazia laddove vige un simile stato di cose? Si può definire
davvero l’occidente un ambiente democratico, se per esportare la democrazia, la
libertà e l’uguaglianza, i popoli occidentali, primi fra tutti gli americani,
sono disposti a fare guerre imperialistiche, che hanno come solo scopo quello
di imporre il capitalismo avanzato anche in paesi ancora refrattari, sotto le
mentite spoglie della democrazia occidentale?
La tesi di Bontempelli e di
Fiorillo è che il conflitto dell’occidente, preso d’assalto dai terroristi
islamici, potrà avere termine solo quando gli americani sapranno interpretare
modelli economici diversi e alternativi al capitalismo selvaggio, che la fa da
padrone in tutto il mondo globalizzato. E, smettendo di produrre armi, col solo
scopo di ridurre ai propri piedi tutti i popoli che respingono ancora il
modello americano, metteranno fine al loro imperialismo, e a quello dei paesi
islamici, che il loro stesso sporco gioco economico politico finisce per
armare.
Sembra il circolo vizioso del cane
che si morde la coda, quello degli americani che, in una rinnovata guerra
fredda con gli altri modelli politici ed economici esistenti sul globo
terrestre, nel timore, alimentato dalla paura di essere sopraffatti da altri
popoli e culture, perdendo così il comune riconoscimento e primato
internazionale, gestiscono una sorta di guerra preventiva contro i potenziali
dissidenti.
Ma la corsa agli armamenti,
venduti anche a quegli stessi “nemici” che l’occidente combatte da sempre,
culmina nella guerra terroristica, che gli stessi fanatici islamici fanno agli
americani, loro rivenditori di armi e munizioni.
La soluzione è, perciò,
un’alternativa a questo modello “democratico” fondato sull’imperialismo
economico, militare e politico degli Stati Uniti che, qualora smettessero la
corsa agli armamenti, per concentrarsi su un modello di pace mondiale, davvero
potrebbero spezzare le catene perverse di questo gioco al massacro che ha preso
il via l’11 Settembre del 2001 e che, come possiamo tutti prenderne atto,
continua imperterrito a mietere vittime innocenti, tra uomini di cultura, che
quella democrazia occidentale vorrebbero essere liberi di interpretare con
ironia e intelligenza, ma con toni certamente più pacati di quelli utilizzati
da chi arma il braccio della morte dei terroristi e dei fanatici del
ventunesimo secolo.
Perché un gesto così efferato
resta, comunque, inammissibile. E, come tale, va giudicato, senza attenuanti di
sorta.
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