La Prima Radice
La Prima Radice, scritto tra il
1942 e il 1943, è uno dei testi più significativi della cospicua produzione di
Simone Weil, che morì a Londra di tubercolosi, solo qualche mese dopo averlo
completato. L’opera, che contiene gli elementi fondamentali della filosofia del
Radicamento, che ha reso celebre nel mondo la pensatrice francese, fu
pubblicata postuma da Camus, nel 1949.
La tesi di fondo del lavoro della
Weil è che vi è un intrinseco bisogno di Radicamento, che attraversa l’umanità,
e che questo Radicamento si configuri come l’insieme degli obblighi che la
natura umana richiede ai propri figli. Simone sconfessa la nozione di diritto,
propria della Rivoluzione Francese. Il diritto richiama l’uso della forza.
Perché per affermare un diritto è necessario agire, anche in modo violento. E
tutto ciò che richiama l’idea di forza, secondo Weil, è contro natura. L’obbligo,
invece, è qualcosa di intrinseco, perché fondamentalmente connaturato, radicato
appunto, nell’uomo stesso.
Il Radicamento è, perciò,
filosofia dell’obbligo contro l’affermazione del diritto. E sostituisce al
diritto, alla forza, alla rivendicazione, la giustizia, l’obbligo, il bisogno,
la natura umana.
Tra i bisogni fondamentali Weil
riconosce quello di verità, che sorregge tutti gli altri: l’ordine, la libertà,
l’uguaglianza, l’ubbidienza, la responsabilità, la gerarchia, l’onore, la
punizione, la libertà di opinione, la sicurezza, il rischio, la proprietà
privata e quella collettiva.
Contro l’affermazione degli
obblighi si staglia la malattia dello sradicamento, tipica del Novecento, e
delle due guerre.
Simone riconosce le cause dello
sradicamento operaio nell’alienazione salariata, nell’ignoranza,
nell’automazione, che priva di originalità l’opera umana. Le cause dello
sradicamento contadino sono, invece, nell’ignoranza, nell’abitudine ad andare
con le prostitute, nel dovere al servizio militare, e nella mancanza di
un’educazione religiosa. Ma esiste anche una forma di sradicamento generalmente
causato dalla guerra, dalla perdita del senso della famiglia e della nazione
(che si dissolve nello stato), dal lavoro che non appaga, dalla degenerazione
della scienza in tecnocrazia, senza moralità religiosa e spiritualità. Elementi
che si risolvono tutti nella mancanza di amore per la propria storia, e per la
bellezza, che in una civiltà si esprimono attraverso l’arte ed il suo
patrimonio monumentale e architettonico. La guerra, soprattutto, che significa
la forza della sopraffazione, distrugge la bellezza esteriore dei luoghi e
delle città, e annienta quella interiore, delle anime. L’uomo, in guerra, è
spogliato della sua stessa dignità. Non rappresenta più il fine della civiltà,
ma è lo strumento per affermare la forza dello stato. Da questo punto di vista,
sebbene il culto della patria sia uno degli elementi fondamentali del
Radicamento filosofico, la Weil riconosce il pericolo insito in ogni forma ed
espressione di fanatismo dei popoli, volto ad esaltare la nazione, al di sopra
di tutto, come valore di per se stessa.
Il recupero del Radicamento può
avvenire attraverso le dimensioni kantiane dello spazio e del tempo, che
consentono all’uomo di riappropriarsi di quella progettualità esistenziale
della sua storicità. Vivere il proprio tempo pienamente, riandando alle radici
della civiltà odierna, vuol dire anche far propri gli spazi geografici, il
territorio, il luogo in cui si è nati e in cui si vive.
In questo senso, l’amore per la
propria patria è cosa giusta, quando questo sentimento si avvicina alla
compassione, lungi dal gonfiarsi di fanatismo. Questo amore non ricerca la
guerra e l’oppressione o il conflitto, che vorrebbe sempre evitare. Tuttavia,
non disdegna di combattere quando il suo oggetto, che è la Patria, merita di
essere legittimamente difesa.
Qui la Weil torna a puntualizzare,
per correggere il tiro del suo Poema della Forza, pubblicato nel
1941. Ne La Prima Radice torna l’idea di guerra per legittima difesa. Una
guerra che ha i presupposti della guerra giusta, combattuta per difendere gli
ideali di un popolo, e la nazione stessa. Una guerra che, in quanto tale, non
contraddice gli elementi del radicamento filosofico, diventando, piuttosto, una
sua espressione imprescindibile. Senza Patria, per chi dovesse perderla per
vigliaccheria, perché rifiuta di difendersi, non esiste più alcun presupposto
che renda possibile il Radicamento stesso.
Ma la filosofa francese non si
ferma al Radicamento nelle dimensioni dello spazio e del tempo, e rivolge, in
conclusione, i suoi ultimi pensieri alla religione e a Dio, al quale, in quegli
stessi anni, stava dedicando l’opera Attesa di Dio. A dimostrazione del fatto
che la dimensione della trascendenza non riposa in lei, e non viene
dimenticata. Ma, anzi, occupa una porzione importante delle sue riflessioni
filosofiche, che non smettono mai di interrogarsi, fino alla fine. Per Simone
non può esistere una dimensione “altra” senza una dimensione “alta”. L’umanità
ha la possibilità di entrare in relazione con l’altro, nelle dimensioni
spazio-tempo, quanto più ha la possibilità di aspirare ad una dimensione “alta”
della vita e della storia, cui il Radicamento nella civiltà deve corrispondere,
perché il senso della Storia volga, al fine, verso il Bene Assoluto, che è lo
scopo della concezione provvidenziale, che la Weil abbraccia e fa propria in
conclusione.
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