Il “vuoto assistito” della distopia tecnologica
Cellulari in classe
Tra qualche giorno inizia il nuovo anno
scolastico, e per molti docenti parte anche la caccia al cellulare che
ormai impazza dovunque, in barba ai più elementari principi di buona
educazione, di condivisione democratica, e di rispetto reciproco.
Le buone regole, infatti, vogliono per
buon senso che non si adoperino media mentre si parla con qualcuno,
mentre si mangia, mentre si conversa e, ovviamente, mentre si studia, si
ascolta una lezione, e si lavora.
Al contrario, siamo invece abituati a
sentire ovunque i suoni della tecnologia, dal trillo tradizionale fino
alle note musichette dei vari gestori di telefonia, dal supermercato
alla parrocchia, e magari anche alla messa domenicale.
Fino a qualche anno fa, il cellulare era
prerogativa del medico ospedaliero, in orario di reperibilità. Oggi un
cellulare ce lo abbiamo tutti, persino i ragazzini della scuola
elementare. E per ovvi motivi siamo tutti rintracciabili.
Come tutte le cose, il cellulare è uno
strumento, che molti genitori regalano ai propri figli per poterli
contattare sempre e comunque. In questo caso, la sua funzione è un po’
quella di cercapersone. Fin qui tutto bene.
I problemi nascono quando di uno
strumento viene praticato un uso costantemente improprio, che va oltre
il suo effettivo utilizzo pratico, sfociando nell’abuso quotidiano. E
così avviene di fatto con i cellulari.
Non di rado capita, infatti, di assistere
a scene raccapriccianti, come quella di molti adulti seduti ad un
tavolo di lavoro, in conversazione, o in riunione, tutti
contemporaneamente connessi, e presi da qualcun altro che chiama sulla
rete telefonica.
Si potrebbe parlare di “vuoto assistito”.
Cioè di quella condizione nella quale, pur essendo tutti presenti
apparentemente, sono tutti altrettanto assenti di fatto, perché
catapultati nella dimensione virtuale dei rispettivi interlocutori
telefonici, distratti dalla situazione reale, e presi da quella ideale,
in cui le menti vengono alienate e proiettate lontano.
Se una volta la pedagogia doveva
occuparsi di studiare come potenziare le capacità di attenzione dei più
giovani, negli ambienti scolastici, oggi la filosofia dell’educazione,
insieme alla sociologia e alla filosofia, deve occuparsi di cercare
misure compensative adeguate a colmare il vuoto assistito causato dalla
presenza ossessiva dei cellulari, che costituiscono dei potenti
distrattori dell’azione educativa per tutta la giornata scolastica.
Come e cosa fare?
Già nel 2007 il Ministro Fioroni emanò la sue linee di indirizzo che sono state poi tenute presenti da ogni scuola nella stesura dei singoli regolamenti di istituto.
E alcuni portali specialistici si sono occupati della problematica.
In linea di massima, è fatto espresso
divieto all’uso dei cellulari in classe, sia ai docenti che ai discenti.
A meno che l’utilizzo dei media non venga espletato per motivi
squisitamente didattici, per la compilazone del registro di classe, o
per la consultazione di siti di interesse (classe capovolta)
nell’impossibilità temporanea di accedere ai laboratori. Insomma, per farne un uso "responsabile e coerente con i piani didattici", secondo le ultime indicazioni del ministro Fedeli.
I docenti, così, commettono un abuso, se
in via preventiva sottaggono i cellulari prima della lezione, a meno che
non si sia già verificata qualche infrazione al regolamento di
istituto, o che questa modalità operativa non sia prevista dal
regolamento stesso.
In molte scuole, difatti, vige ormai la
consuetudine, rafforzata dalle norme del regolamento adottato, di
ritirare i cellulari all’inizio delle lezioni, e di riconsegnarli
soltanto a fine giornata. Per impedire, di fatto, il loro uso improprio
da parte degli alunni, nel corso delle lezioni. E mi sembra una buona
norma, questa.
Altrimenti ai docenti si aggiunge l’onere
del controllo di cattive abitudini, ormai diffuse pratiche, perché
comunemente tollerate da una società che si aliena progressivamente nel
“vuoto assistito” della tecnologia multimediale. Compito di vigilanza
che non è propriamente connesso ai doveri di insegnamento.
E vogliamo essere ottimisti pensando che, prima o poi, la lezione abbia finalmente inizio.
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