Luoghi comuni
La chiacchiera, questa sconosciuta. La gente parla,
parla, e straparla, spesso senza conoscere nemmeno di cosa. Tutti si ritengono
esperti in ogni campo, e non si accorgono di non sapere.
Si parla di qualunque argomento, ma soprattutto si
parla dell’altro, noto o meno che sia. Così, solo per sentito dire. Ripetendo,
a turno, ciò che si dice in giro. Quanto si è udito nei corridoi o nella
piazza.
Platone diceva di questa distorsione della verità
nell’Apologia di Socrate. Heidegger ci racconta di un leggero venticello
affabulatorio in Essere e Tempo.
Essere autentici, quanto è difficile. Mentre è molto
più semplice calarsi addosso una maschera, per proteggerci, o per simulare di
essere ciò che non siamo.
E così anche l’altro finisce per apparire sbiadito,
sotto colori che non sono i suoi, in una luce smorta, piena di ombre e
chiaroscuri, tenebrosa.
Se è vero che di personaggi poco limpidi sono pieni i
libri di storia, e le cronache dei giornali, è anche altrettanto vero che
esiste molta gente disposta a tutto pur di diffondere le voci, i “si dice”
della porta accanto, senza preventivamente verificare.
L’altro nella chiacchiera diventa un oggetto del
discorrere. L’oggetto. Perde la sua spiritualità di uomo per essere cosificato,
reificato dinanzi al tribunale del giudizio impietoso dei molti, degli altri.
Ma l’altro, e gli altri, sono sempre estranei tra
loro, ignoti, sconosciuti abitatori di una terra di nessuno. Che non si
specchia negli occhi di un altro, per scorgervi l’Alto, quanto piuttosto lo
guarda da lontano per esprimere il suo giudizio di condanna, anche solo per il
mero fatto di esistere.
Tornare ad essere umani, questo è il compito arduo
della filosofia e di chi voglia praticarla come scienza della conoscenza, fino
in fondo.
Sporcarsi le mani con l’umanità dell’altro che si fa
prossimo, che diventa simile, che ci accompagna per un tratto di strada,
allontanando lo stigma della diversità e della differenza, lo stereotipo
dell’ignoranza.
Per abbracciare il tutto della comprensione che ci fa
indistintamente appartenenti ad una sola fonte di spiritualità, che è la
sorgente dell’umano vivere, sentire, esperire, ed operare.
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