Il mondo a portata di mano



La mano, prima del pensiero e della parola, ma insieme ad essi, si sviluppa già nel primitivo, e serve a “prendersi cura” del mondo e degli altri, ma anche di sé. Heidegger sosteneva che la mano ha una funzione molto importante, e che il suo uso ha motivato l’invenzione dell’utensile come strumento che serve a tenere sotto controllo la realtà, per mettervi ordine. La necessità di “mettere a posto”, di “fare spazio”, di “tenere a bada” l’ambiente esterno, corrisponde alla speculare esigenza di mantenere il controllo della realtà, perché “non sfugga di mano”. Il cavernicolo, che non possedeva ancora l’uso del linguaggio, aveva una manualità molto più sviluppata della nostra. Perché la mano è stata progressivamente sostituita dalle parole e dal pensiero che, in maniera più raffinata, creano quell’armonia razionale delle cose e del mondo, che serve a giustificare a se stessi e agli altri la propria e l’altrui esistenza. La comunicazione dell’esserci attraverso il linguaggio, casa dell’essere, ha sostituito lentamente l’uso della mano, e il pensiero formale si è andato a sovrapporre a quello pratico della manualità operativa. La mano, come primo utensile a disposizione per “maneggiare” il mondo, rimane, comunque, nella sua funzione, uno strumento irrinunciabile di appropriazione e di potere. In questa ottica, il palmare di ultima generazione ha una sua imprescindibile funzione psicologica, insita nella coordinazione occhio-mano-mente, perché il suo abituale utilizzo fa convergere l’abilità visiva dell’occhio che guarda con quella pratico-spaziale, della mano che lo adopera, e le mette in comunicazione con l’elaborazione più raffinata dei dati informativi che la mente e l’attività del pensiero infine garantiscono. L’abitudine a dare un’occhiata al cellulare, di tanto in tanto, anche se non ci sono notifiche; lo scorrere col dito le finestre del palmare; il prendere ripetutamente in mano il cellulare, mentre si stanno facendo altre cose, in quello che apparentemente viene individuato come l’ennesimo atto compulsivo ossessivo della nostra contemporaneità, risponderebbero, difatti, piuttosto alla espressione più evidente di un bisogno antichissimo, e ancestrale, di coordinamento delle funzioni visiva, manuale e intellettiva. Tutte queste attività racchiuderebbero in se stesse l’estrinsecazione evidente del “prendersi cura” del mondo nel “portare alla mano”. Perché in questo modo è più facile mantenere il controllo della realtà. E la nostra vita, la nostra realtà, sono ormai tutte in quel minuscolo oggettino che è il cellulare, e che ci portiamo dietro come cercapersone, nell’illusione di poter essere finalmente liberi così, tenendo “il mondo a portata di mano”.

bibliografia:
  1. Heidegger, Cosa Significa Pensare;
  2. Heidegger, Essere e Tempo.

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