Come Smettere di Fare la Vittima senza Diventare Carnefici
Giulio Cesare Giacobbe è laureato
in filosofia e scrive testi accademici e divulgativi. Il grande pubblico
dimostra di apprezzarlo per le sue capacità umoristiche, utili a sottolineare,
attraverso la scrittura, la complessità dei problemi di comunicazione e di
interazione tra le persone. Interessandosi anche di analisi e di relazioni
umane, ha poi fondato la Scuola di Psicoterapia Evolutiva. Come scrittore è
noto al grande pubblico per i suoi libri di psicologia spicciola, a tutti
accessibili. La sua più recente pubblicazione si intitola Come Smettere di Fare
la Vittima senza Diventare Carnefice. Nel libro, scritto con un linguaggio
popolare, Giacobbe mette in scena i numerosi personaggi del vittimismo
psichico, delineando tutte le loro sfaccettature, e ironizzando sugli aspetti
salienti della personalità di questi abitatori del pianeta terra. Nella
presentazione del libro, l’autore, parlando di sé, sottolinea di essere stato
l’inventore della virgola enfatica e di tenere moltissimo alla punteggiatura,
aspetto della scrittura quasi del tutto trascurato, a torto, dalle giovani
generazioni, che scrivono di getto, proprio come parlano, senza tuttavia
rimarcare, del parlato, le pause, i silenzi, le attese. La virgola enfatica,
difatti, viene utilizzata da Giacobbe proprio per evidenziare, nel testo
scritto, una pausa del linguaggio volgare, comunemente usata nel parlato, ma
spesso non simbolicamente rappresentata attraverso la scrittura. Giacobbe è
consapevole della grande capacità divulgativa del senso del suo dire anche per
i non addetti ai lavori. La sua popolarità gli deriva probabilmente proprio da questa
duttilità, che gli facilita la scrittura argomentativa nel suo doppio aspetto
di trattazione specialistica e dotta, ma anche di libretti agili nella forma e
nel contenuto, e proprio per questo universalmente comprensibili all’uomo della
strada. D’altra parte, sono proprio le ultime pubblicazioni che hanno fatto la
fortuna di Giacobbe come scrittore. In Come Smettere di Fare la Vittima senza
Diventare Carnefice, Giacobbe spennella le caratteristiche salienti delle
personalità tipiche del ruolo della vittima, invitando ciascuno di questi
personaggi a riconoscere i limiti insiti nel loro atteggiamento, spesso
lamentoso e non pienamente consapevole del mancato senso di responsabilità nei
confronti dei propri atti e delle scelte personali. La vittima manca di questa
coscienza, e, non caricandosi mai del peso delle scelte esistenziali,
facilmente è portata ad attribuire “colpe” a chiunque, pur di liberarsi la
coscienza dal fardello troppo pesante della sua cattiva riuscita. La vittima
non ha autostima, e spesso è offuscata da un malcelato complesso di inferiorità
nei confronti del suo proprio interlocutore. Complesso che gli fa scontare il
suo senso di incapacità a vivere e ad esistere insieme agli altri. Per la
vittima è difficile convivere pacificamente con gli altri, perché la percezione
costante del vittimista è che gli altri siano migliori, o solo più fortunati di
lui, che deve costantemente subire “ingiustizie”. Le donne sono potenzialmente
più portate a vestire i panni della vittima, soprattutto nelle loro relazioni
affettive e sentimentali. Alcune donne hanno, difatti, quasi una naturale
inclinazione al sacrificio, alla sindrome della crocerossina, salvo poi a
rimproverare al partner quel ruolo che a loro piace moltissimo, e senza del
quale non si sentirebbero appagate in alcun tipo di relazione umana. Così,
fingendo di prodigarsi amorevolmente per il proprio amato, non fanno altro che
ciò che amano di più al mondo, facendolo passare per un grande atto di
abnegazione amorevole. Le vittime non fanno mai nulla per gli altri. Sono
capaci di amare solo e soltanto se stesse. Vivono per stare al centro del
mondo. E si lamentano per riportare su di loro l’attenzione degli altri, ma
soprattutto per non perdere quel ruolo di grande centralità che bramano, quando
credono di stare per perderlo. Narcisiste e amanti della loro immagine privata
e pubblica, farebbero di tutto per non spostare di un millimetro l’attenzione
da loro stesse. Anche alcuni uomini giocano a fare le vittime. Quando temono di
non essere capaci di assumersi le loro responsabilità personali. In genere
però, il profilo del vittimista rivela sempre che, chi ha subito un danno, ha
poi necessariamente anche una buona dose di responsabilità. Per cui si finisce
di essere sempre e comunque vittime prima di tutto di se stessi, e solo
secondariamente degli altri. I personaggi tipici di questa farsa psicologica
sono i più svariati. Si va da Crocerossina e Catastrofica a Spaventato e a
Pauroso, fino a Tradita e a Imputato, perché il vittimista è sempre di fondo un
perseguitato. Ci sono poi Lamentoso, Incontentabile e Tappetino, ma anche
Ipocondriaco e Salutista. Insomma, le sindromi legate al vittimismo si
sprecano, e c’è quasi l’imbarazzo della scelta. Anche se, e i vittimisti lo
sanno bene, un personaggio non esclude l’altro. Ed è ovvio che il peggiore
concentrato è quello che deriva dalla mescolanza di due o tre caratteristiche
tipiche delle personalità su citate. Certo è che, una volta che si sia imparato
a riconoscere la personalità tipica del vittimista, non c’è dubbio che bisogna
evitare la compagnia di questi tristi figuri che, lungi dal provocare il riso
con i loro comportamenti borderline, finiscono per diventare patetici ed
insopportabili ai più. Inaffidabili e inutili chiacchieroni che, impegnati a cercare
negli altri interlocutori responsabilità per ogni evento, finiscono per perdere
le loro giornate senza concludere nulla di buono per se stessi e per gli altri.
La loro presenza melliflua è peggiore di quella dei veri cattivi, che almeno
mostrano di possedere un buon quoziente intellettivo, contrariamente ai
vittimisti, che, nel migliore dei casi, sono assolutamente stupidi e del tutto
ignoranti. Ma Giacobbe tende a scusarli, lasciando intravedere nel loro
atteggiamento la spia di un disagio psichico, che sarebbe bene curare alle
prime avvisaglie della paranoia, per poter intervenire in tempo, con un
comportamento correttivo, che argini gli atteggiamenti pericolosi ed
esasperanti del mondo di fantasia che il paranoico si costruisce attorno. Nella
consapevolezza che la sofferenza ed il dolore, per i vittimisti, siano del
tutto reali, sebbene esistano, di fatto, solo ed esclusivamente nella loro
testa. In un modo tutto interiore, e per questo ancora più difficilmente
riconoscibile ed evidenziabile, se non dagli addetti ai lavori.
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