L'Iliade o poema della forza
“La forza rende chiunque le è
sottomesso pari a una cosa. Esercitata fino in fondo fa dell’uomo una cosa nel
senso più letterale del termine, poiché lo rende cadavere. C’era qualcuno e, un
istante dopo, non c’è più nessuno...(La forza) muta l’uomo in pietra…la
violenza schiaccia chi la tocca e alla fine appare estranea a chi la usa e a
chi la subisce. Nasce allora l’idea di un destino per il quale i carnefici sono
altrettanto innocenti delle vittime, i vincitori e i vinti si ritrovano
fratelli nella stessa miseria. Il vinto è causa di sventura per il vincitore
come il vincitore lo è per il vinto…Arriva il giorno in cui la paura, la
sconfitta, la morte dei compagni amati fa piegare l’anima del soldato alla
necessità. La guerra smette allora di essere un gioco o un sogno…La guerra
quindi cancella ogni idea di scopo, persino l’idea degli scopi della guerra.
Essa cancella anche il pensiero di porre fine alla guerra…La forza ne è l’unico
eroe…”.
Mentre Simone Weil partecipa alla
Guerra Civile Spagnola, dove si era arruolata nelle forze della Resistenza, tra
il 1936 e il 1939, scrive L’Iliade o il poema della forza, che sarà poi
successivamente pubblicato nel 1941 sui Cahiers du Sud, a Marsiglia.
Il testo prende spunto dalla trama
raccontata da Omero nell’Iliade.
Elena, moglie di Menelao, viene
rapita, a Sparta, contro la sua volontà, da Paride, figlio di Priamo, re di
Troia, durante l’assenza del marito. Al suo ritorno, Menelao, dopo aver
intimato a Paride, che rifiuta l’ultimatum, di restituire Elena ai Greci,
dichiara guerra alla città di Priamo, insieme a tutti gli Achei. Inizia, così,
per la mitologia di Omero, la Guerra di Troia, raccontata nell’Iliade. Gli eroi
greci Achille, Nestore, Ulisse, e lo stesso Menelao, si fronteggiano con i
nemici, tra i quali spicca la figura del troiano Ettore. Infine, i Greci
vincono la guerra, grazie ad uno stratagemma, il famoso cavallo di Troia,
introdotto nella città come pegno, dopo la sconfitta subita in battaglia, per
sferrare l’ultimo attacco ai Troiani, inconsapevoli del fatto che nel ventre
dell’animale di legno vi fossero i soldati greci, pronti a dare la vita, per
assicurare alla patria la vittoria definitiva sulla città di Troia.
La storia romanzata dell’Iliade
non è mai stata messa in dubbio dagli storici successivi, anche se non si ha
alcuna certezza che i fatti siano realmente andati nel modo in cui ce li
racconta Omero. Pare, comunque, che un conflitto tra Troia e Sparta ci sia
stato, e che si sia concluso con la sconfitta di Troia, messa a ferro e fuoco
dai Greci. Successivamente, le ricerche archeologiche del tedesco Schliemann,
suggeriscono che, sui resti dell’antica città distrutta, sarebbe sorto un nuovo
nucleo abitativo, dal quale poi si sarebbe mosso Enea, per andare a fondare la
città di Roma, secondo quanto ci riferisce Virgilio nell’Eneide.
L’Iliade è un poema profondamente
diverso dall’Odissea, che fa parte dello stesso ciclo epico, ma che narra, piuttosto
che le avventure di guerra, le peripezie di Ulisse che fa ritorno a casa.
Nell’Odissea il tema del nostos, il ritorno, è centrale, e diventa il nucleo
narrativo dal quale si dipanano le vicende dell’opera, in cui il protagonista
aspira a tutti i costi a ritrovare la pace, l’intimità familiare, gli affetti,
quasi in una voluta opposizione della tranquillità accogliente di un porto
sicuro, la casa, contrapposto allo smarrimento del campo di battaglia e
dell’eroe che combatte per distinguersi, rischiando di guadagnare la gloria, ma
di perdere le cose più care al mondo, come il calore del nido, l’amore della
moglie, il rispetto e l’affetto dei figli.
Il messaggio di Weil è che la
forza e la violenza sono le sole protagoniste del conflitto e della guerra. Non
c’è alcuna differenza tra chi vince e chi perde. Intanto perché i ruoli possono
facilmente ribaltarsi, con le sorti della guerra. Ma anche perché quando si
decide di porre fine alla vita degli esseri umani si perde un po’ tutti. La
guerra è un tripudio di morte, dove tutto viene pietrificato, diventando cosa,
muto e freddo oggetto, senza reazione. La guerra, come ogni qualunque atto di
violenza che culmina nella morte di colui il quale viene aggredito. Perché la
forza trasforma chiunque da essa venga toccato.
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