Nei Quaderni Neri la bizzarra tesi di Heidegger sulla Shoah
"Gli alleati non hanno
compreso la missione dei tedeschi e li hanno fermati nel loro progetto
planetario. Questo crimine sarebbe ben più grave di tutti gli altri crimini,
questa colpa non avrebbe termini di paragone, neppure con le camere a
gas".
Questa la tesi sostenuta da
Heidegger nei Quaderni Neri sulla Shoah, in un nuovo
volume, curato da Peter Trawny, e pubblicato dall’editore Klostermann, di
prossima uscita in Germania.
Heidegger, in sostanza, ritiene
che gli Ebrei abbiano espresso manifestamente la decadenza dell'Europa,
attraverso la fine del predominio della cultura e della storia tedesche,
sostituendo ad una civiltà dello spirito una società della tecnica e della
industrializzazione, e rimandendone poi vittime nei lager, che sono, appunto,
la massima espressione della razionalizione della modernità.
I campi di sterminio, difatti,
costituiscono delle vere e proprie industrie della morte, dove il genocidio è
praticato con scientifica razionalità.
La crudeltà dei Tedeschi, sarebbe,
perciò, conseguenza diretta del male subito ad opera degli Ebrei, e della
violenza su di loro perpetrata, da chi ha preteso di distruggere impunemente
una civiltà che ha generato le radici della storia europea.
I lager, nella interpretazione dei
Quaderni neri di Heidegger, perdono, dunque, il valore di luoghi delle atrocità
naziste, per assurgere a baluardi di estrema difesa dei valori della civiltà
dello spirito, contro la barbarie tecnologica.
Tornano, in questa bizarra
interpretazione della Shoah, tutti i temi della filosofia heideggeriana: a
partire dall'Idea dell'Essere metafisico, fino alle note discussioni sulle
manipolazioni della tecnica, che avrebbero disperso l'esserci nelle cose,
utilizzate come meri utensili e protesi dell'essere umano, a tal punto da
diventare dominanti sulla scena dell'esperienza mondana. E fa capolino,
ancora una volta, quella tensione politica che porta il pensatore ad
allontanarsi dalle sue precedenti esperienze politiche, per simpatizzare
apertamente col nazismo hitleriano, fino ad essere costretto, dopo il 1946, a
lasciare la cattedra universitaria, interdetto dall'insegnamento, con l'accusa
di apologia del nazismo.
Heidegger, che nel 1933 era stato
nominato Rettore all'Università di Friburgo, proprio quando l'ebreo Husserl
veniva allontanato dall'insegnamento, si era già dimesso da quell'incarico, per
tornare in cattedra solo nel 1949, sostenuto e difeso dal filosofo
Jaspers.
Sembra impossibile che il compagno
di Hannah Arendt, la filosofa tedesca autrice della Banalità del Male e delle
Origini dei Totalitarismi, sua giovane allieva, divenuta più tardi sua amante,
possa aver abbandonato, insieme alla sua donna, anche quelle idee di libertà,
imprescindibili fondamenta del pensiero filosofico occidentale. Heidegger scelse,
invece, di simpatizzare per Hitler, e, nonostante la sua sconfitta, immaginava quello
che avrebbe dovuto essere poi il quarto reich, nel quale finalmente si
sarebbero compiutamenti attuati gli ideali della ideologia nazista e
antisemita.
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