Senso e significato della storia in Simone Weil
[Nella storia poche cose sono
perfettamente pure…Se cerchiamo nomi che evochino la purezza, ne troveremo ben
pochi…Nella storia di Francia si troverebbe forse un altro nome oltre quello di
Giovanna D’Arco? Non ne siamo certi…C’è gente che propone di abolire
l’insegnamento della storia. È vero che bisognerebbe
sopprimere l’abitudine assurda di impartire lezioni di storia ridotte ad un
arido scheletro di date e di nomi e dedicare invece alla storia la medesima
qualità di attenzione che si dedica alla letteratura. Ma sopprimere lo studio
della storia sarebbe disastroso. Non c’è patria senza storia. Gli Stati Uniti
ci insegnano abbastanza bene cosa sia un popolo senza la dimensione del tempo.
Altri propongono di insegnare la storia respingendo le guerre sullo sfondo.
Sarebbe una menzogna. Oggi avvertiamo anche troppo, e certo fu così anche per
il passato, che per i popoli non c’è nulla di più importante della guerra.
Bisogna parlare della guerra quanto se ne parla ora o anche di più; ma bisogna
parlarne in un’altra maniera. Non esiste nessun’altra via alla conoscenza del
cuore umano fuor dello studio della storia connesso all’esperienza della vita,
sì che queste due esperienze si illuminino a vicenda. Alla mente degli
adolescenti e degli uomini questo nutrimento dev’essere fornito. Ma bisogna che
sia nutrimento di verità…La storia è un intreccio di bassezze e di crudeltà,
dove ogni tanto brilla qualche goccia di purezza. Se così è, è perché tra gli
uomini c’è poca purezza…Per amare la Francia, bisogna sentire che essa ha un
passato, ma non bisogna amare l’involucro storico di quel passato. Bisogna
amarne la parte muta, anonima, sparita].
Così scrive Simone
Weil ne La Prima Radice, affrontando il problema dell’insegnamento in generale,
e di quello della storia, in particolare. Secondo la filosofa francese non c’è
disciplina che parli dell’uomo più della storia stessa. La storia è, perciò,
materia umanistica per eccellenza. Ma proprio perché parla dell’uomo, così come
l’uomo è, la storia è anche il racconto delle nefandezze dell’animo umano,
degli intrighi, delle ambivalenze. La storia è lercia e tragica, al tempo
stesso. Ed è una menzogna, raccontare la storia come se fosse un elenco di
personaggi mitici o di grandi gesta eroiche. Nella storia ci saranno anche
degli eroi, ma la maggior parte dei suoi attori sono uomini semplici, mediocri,
banali, che nulla hanno da condividere con i grandi condottieri, o con gli
statisti. Certo, anche queste figure hanno un ruolo centrale nella narrazione
dei fatti, ma il popolo è costituito da gente che costruisce la sua grandezza,
e forma la sua identità, attraverso le vicende della vita quotidiana, e non
piuttosto compiendo grandi gesta. Se si vuole parlare della storia vera, e la
storia, al pari della filosofia, ha questo compito di scoperta e di narrazione
della verità, è necessario riscoprire i fatti, così come si sono svolti, per
raccontarli, scevri da interpretazioni idealistiche. D’altra parte la storia
sociale è la storia dei popoli, più di quanto possano esserlo la narrazione
delle mitiche gesta di un solo personaggio e delle sue imprese. Napoleone,
Garibaldi, Mussolini, Hitler, Stalin, sono certamente personaggi noti e
importanti, ed è necessario conoscerli. Ma la narrazione degli eventi non è
completa se, accanto alle loro vicende umane e politiche non si colloca anche
la gente comune, il lavoratore, il padre di famiglia, il prete, il disoccupato.
In questo modo andrebbero raccontate anche le guerre (ricordiamo che la stessa
Simone partecipò, combattendo, dalla parte dei repubblicani alla guerra civile
spagnola), che non sono una raccolta di date e nomi, ma piuttosto le vicende
tragiche che si dispiegano, facendo sentire i loro effetti nefasti sugli
innocenti, quando un conflitto si risolve nel confronto armato tra stati.
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