Etica e morale
Si intende per “morale” l’insieme dei
comportamenti consuetudinari adottati da un singolo, o da un determinato
gruppo culturale; e per “etica” lo studio filosofico dei principi del
bene e del male, e dei valori, e dei disvalori, ad essi connessi.
Normalmente i due termini sono
utilizzati, impropriamente, come sinonimi. In effetti, essi sono sempre
correlati l’uno all’altro, perché ogni comportamento umano non può fare a
meno di ispirarsi a modelli teoretici di riferimento.
In ogni caso, l’agire umano è sempre un
comportamento, moralmente diretto, e, come tale, valutabile, in quanto
giusto o ingiusto.
Attualmente si parla di crisi della
morale, e dei costumi. Il nichilismo è proprio questa assenza di valori
assoluti, universalmente noti e riconosciuti.
Non ci si rende conto, però, che a
determinare questo smarrimento delle coscienze, è stato prevalentemente
lo spostamento del baricentro culturale, da scelte più spirituali, a
decisioni maggiormente orientate in senso materialistico.
A partire dalla Rivoluzione Industriale,
difatti, e col terminare della società rurale e contadina, i valori di
riferimento sociale sono passati dalla famiglia al lavoro, e al denaro,
che hanno, poco alla volta, sostituito la persona con il capitale.
A ciò ha fatto seguito lo sviluppo delle
tecnologie informatiche e della comunicazione, che, spesso, hanno
prodotto delle sovrastrutture ideologiche inautentiche, direbbe
Heidegger, andando a sovrapporre la chiacchiera di superficie al vecchio
dialogo di verità.
Allontanandosi dalla ricerca del vero, il
mondo contemporaneo ha prodotto un’esistenza mondana patinata e finta,
che ha preteso di sostituire all’autentico l’inautentico; al dialogo la
chiacchiera; all’uomo il profitto.
Si potrebbe, probabilmente, recuperare
qualcosa, se si fosse capaci di rinunciare al sovrappiù, al superfluo
della chiacchiera, e del profitto, nel tentativo, complesso, senz’altro,
di riappropriarsi del senso dell’Essere e dell’esistere.
Introvabili, certamente, nella reificazione del mondo, priva di qualsivoglia speranza e credibilità.
Recuperiamo lo sguardo, la parola, la
vocazione, la poesia, il canto, la musica, e, persino, il silenzio, nel
quale una voce ci parla, ormai inascoltata da troppo tempo.
Finché il richiamo della coscienza
continua incessante il suo appello, non resta che mettersi in ascolto, in attesa, e
aspettare che l’evento si compia, che l’Essere si manifesti, nella sua
Verità, contro il nichilismo imperante e terribile di chi ha perso ogni
certezza, insieme al senso del suo proprio stesso vivere.
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