L'esperienza del dolore


Il rapporto col dolore, fisico e psichico, è molto controverso ai nostri tempi. Probabilmente, perché da sempre l’umanità ha cercato di eliminare la sofferenza dall’esperienza esistenziale.
La lotta contro il dolore ha portato la scienza medica a praticare una terapia che anestetizzasse la sofferenza fisica, legata ad incidenti o a malattie, spesso anche in fase terminale.
La psicologia è un antidoto al dolore di vivere. Ma lo è anche la filosofia.
Ma per la sofferenza dello spirito sono stati prodotti farmaci in grado di contrastare il malessere esistenziale della sofferenza psicologica, dando l’illusione, come fanno le droghe, di stare meglio e di sentirsi bene.
Tutto l’occidente ha dichiarato guerra al dolore. Nella convinzione, più o meno errata, che eliminando la sofferenza in tutte le sue forme si potesse garantire una buona qualità della vita. Credendo fortemente che il non sentire dolore equivalesse ad essere felici.
Già nell’antichità Epicuro ci insegnava che non soffrire, cioè non sentire dolore, potesse essere considerata una forma di piacere. Ma da qui a sostenere che l’assenza di dolore rappresenti anche una condizione di benessere paragonabile alla vera e propria felicità il passo è lungo.
Ad ogni modo, male interpretando l’epicureismo, i nostri contemporanei hanno ritenuto di poter garantire la felicità umana sconfiggendo il dolore.
Tutta l’educazione e la formazione dell’uomo occidentale si fonda perciò sull’eliminazione del dolore. Perché il dolore incute timore, ed è visto come la prima causa di infelicità.
Ed è necessario non soffrire, o fuggire l’esperienza del dolore, per stare bene.
Dallo stordimento causato dall’abuso di sostanze a quello provocato dall’abbuffata di relazioni umane, pur di distrarsi dal male di vivere, e dalla paura di rimanere soli di fronte alla propria inanità, tutto si volge al “divertimento”, che distoglie e anestetizza corpi e anime.
Ma è proprio sicuro che non sentire il dolore, sfuggirlo ad ogni costo, fare finta che non ci sia, sia salutare per l’esperienza esistenziale?
Chi conosce il dolore impara a gestirlo, insieme con la frustrazione che ne deriva.
Chi si stordisce per non affrontarlo, si illude di vivere, ma rimane alla superficie dei problemi, e si abitua ad aggirare l’ostacolo piuttosto che superarlo.
Il dolore va vissuto fino in fondo. Va sperimentato, provato, sentito, riconosciuto. Non alienato e scotomizzato.

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