Il Personalismo Ontologico di Luigi Pareyson
Luigi
Pareyson, Fede e Ricerca Filosofica è il titolo dell’ultimo lavoro dato alle
stampe nel 2017, per la Collana di Filosofia e Scienze Economiche Dianoia
dell’editore Andrea Pacilli, dall’autore Biagio Di Iasio, non nuovo ad
escursioni speculative di questo tipo.
Già
dirigente scolastico, docente e appassionato studioso di tematiche psicologiche
e filosofiche, il Di Iasio, che è membro della Società Filosofica Italiana per
la sede di Foggia, ha scritto su Teilhard de Chardin, Maria Zambrano, e SimoneWeil, pubblicando anche per la rivista trimestrale di cultura politica Behemoth
articoli su Ernst Bloch, e scrivendo, insieme con il fratello Domenico Di Iasio,
un Corso di Psicologia; una Storia del Pensiero Filosofico; Temi e Problemi
della Pedagogia Contemporanea.
Pareyson
è stata una delle figure più rappresentative della cultura filosofica italiana
del Novecento. Piemontese di origine, si laureò giovanissimo a Torino in
Filosofia, sotto la guida di Augusto Guzzo.
Studiò
l’esistenzialismo di Kierkegaard, di Jaspers e di Heidegger, riconoscendo la
genesi di questo pensiero filosofico già nell’idealismo della libertà di
Schelling.
Non
si fermò, però, alla considerazione dell’angoscia esistenziale e della disperazione
che ineluttabilmente travagliano la vita dell’uomo che non sceglie, andando
oltre, verso la direzione del personalismo, per accendere un barlume di
speranza nel futuro possibile e nella sua progettazione operante.
La
chiave di questa interpretazione del suo pensiero è in Kierkegaard, precursore
dell’esistenzialismo filosofico, e dell’esperienza di vita come libertà. In
Aut-Aut, il filosofo danese sottolinea il valore fondamentale della scelta,
come possibilità per un’esistenza morale, caratterizzata e divenuta
responsabile nell’eticità della vita del buon padre di famiglia, che non vive
più solo per se stesso, nella dissolutezza dell’attimo del Don Giovanni, ma che
si occupa e si preoccupa costantemente del benessere della famiglia, di cui si
prende quotidianamente cura. La scelta etica risolve l’angoscia esistenziale,
ed evita il baratro della disperazione.
Ferma
restando la libertà morale, come ineludibile presupposto dell’azione umana, la
precarietà dell’esserci si sostanzia nella relazione autentica che fa della
comunità dei parlanti un unico spirito, creando aggregazioni possibili e
progettanti. L’esistenza, difatti, in Heidegger, riconosciuto ufficialmente,
contro la sua volontà, come il padre fondatore dell’Esistenzialismo filosofico, non è ferma al momento
presente della precarietà dell’attimo, e del prendersi cura, ma si proietta,
come sguardo in avanti, nella direzione del futuro, attraverso la dimensione
del progetto.
L’intendere
l’esistenza come orientamento prospiciente che si sporge avanti e guarda, a
scrutarlo, l’orizzonte, implica l’altrove dell’essere umano che non si appaga
nel presente del tu dell’altro, ma cerca l’alto nel suo trascendimento.
Queste
dimensioni aperte dell’Esistenzialismo filosofico, sono state affrontate nel
suo ultimo lavoro dal Di Iasio, il quale apre agli orizzonti possibili del
Personalismo ontologico, che risolve le domande rimaste ancora inevase dalla
precedente filosofia esistenziale.
L’esserci
è, comunque, una persona umana, e la sua ontologia è riferibile alla libertà di
scegliere tra il bene e il male. Considerando che la scelta non ha valore se
tra le opzioni non è compresa la facoltà di sbagliare, di prendere una strada
imperfetta, che non conduce alla prossimità della propria natura, ma che
allontana da essa. E la persona umana è libera di scegliere se stessa nel
momento stesso in cui si può avvicinare alla sua origine, attraverso la Verità
che conduce a Dio.
Di
Iasio, con Pareyson, compie questo cammino ideale dell’essere umano verso la
sua stessa persona, attraverso la libertà di scelta, che è sempre individuale e
singolare, in quanto ciascuno, scegliendo, si assume fino in fondo le
responsabilità implicite nella scelta stessa.
La
filosofia diviene strumento indispensabile per vivere pienamente la possibilità
ontologica come scelta libera, ma deve rifiutare ogni compromesso con
l’ideologia, che presuppone una staticità del reale, che il pensiero critico
deve di necessità respingere.
Allo
stesso modo, l’interpretazione della storia resta sempre aperta, nonostante i
fatti accaduti, e pertanto necessari nella loro ineluttabilità. Senza rischiare
di diventare “ideologica”, la filosofia deve, infatti, sostenere la conoscenza
storica, per evitare che la categoria del passato si storicizzi in forme
interpretative fisse ed immutabili che potrebbero portare a ritenere
immodificabili alcune categorie della realtà.
Al
di là delle strutture interpretative, e delle categorie del reale, vi è sempre
l’essere umano come persona, come tu, al quale ci si deve richiamare, per fare
appello al criterio della possibilità, e dell’apertura della storia al futuro
progettante.
Soltanto
recuperando la persona umana, nella sua ontologia di libertà, si può
ricominciare a pensare la storia fuori dallo storicismo, dentro la carne
dell’esistenza.
Il
tu dell’altro, che porta a riconoscere anche l’io della propria persona, viene
prima di ogni essere umano che si relaziona a partire da se stesso con l’altro,
ma che, non soddisfatto del suo essere storia, cerca l’altrove nella dimensione
dell’alto, che trascende nell’universale possibile il particolare dell’evento,
dell’erlebnis, dell’accadimento, come fatto storico individuale.
Nel
personalismo ontologico di Pareyson forte è la contaminazione che si percepisce
col Personalismo Cattolico di Jaques Maritain o di Don Milani; ma anche con
quello comunitario di Emmanuel Mounier, e delle sue tre dimensioni
dell’incarnazione, nello stare del proprio corpo; della comunione all’altro,
nella relazione dialogica io-tu; e della vocazione all’alto, nella ricerca del
trascendimento a Dio.
Nel suo pensiero convergono insieme anche la filosofia del dialogo di Buber, e la possibilità di perdersi nella fenomenologia del volto dell'altro di cui parla Lévinas.
Nel suo pensiero convergono insieme anche la filosofia del dialogo di Buber, e la possibilità di perdersi nella fenomenologia del volto dell'altro di cui parla Lévinas.
Perché nell’altro
e nell’alto vi sono le due direzioni possibili per risolvere l’angoscia e la
disperazione delle filosofie esistenziali alla Jaspers.
La
scuola, secondo Pareyson, deve farsi carico di questa attività progettuale
impressa dal Personalismo filosofico, per edificare mondi culturali che siano
utili strumenti di difesa contro la dispersione scolastica e la labilità delle
coscienze umane.
Un
mondo culturale capace di imprimere nei soggetti pensanti la necessaria fiducia
nel presente si propone difatti anche come adeguata opera di costruzione per un
futuro possibile. (articolo pubblicato su GazzettaWeb)
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